Se, da un lato, l’Europa del Recovery Fund e la situazione d’emergenza vissuta in Italia ha infatti determinato una maggiore flessibilità dal punto di vista dei vincoli normativi di bilancio, la direzione verso cui l’Europa sta spingendo il mondo delle imprese sta assumendo connotati sempre più precisi, mantenendo passi forse lenti ma inesorabili. È richiesta, infatti, una più marcata formalizzazione degli assetti organizzativi e una più spinta sofisticazione degli assetti amministrativi nella direzione della trasparenza e della completezza dell’informativa finanziaria e non solo. Ben 17 obiettivi, che l’ONU ha stabilito nell’Agenda 2030 in termini di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, stanno già condizionando e sempre più condizioneranno l’informativa aziendale, in questo caso non finanziaria, per le imprese quotate. Se, ancora, le PMI non sono direttamente toccate dall’obbligo di informativa non finanziaria, è però evidente che la capacità di assicurare e comunicare la propria sostenibilità aziendale, intesa in senso ampio, non può non essere un elemento di assoluto rilievo per ogni impresa e nello specifico per ogni progetto di investimento. La sostenibilità di un investimento è data dalla sua capacità e probabilità di offrire una adeguata remunerazione, oltre che, ovviamente, un rientro delle uscite sostenute per realizzarlo.
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