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Consapevolezza finanziaria: la competenza che nessuna impresa può trascurare nell’attuale rally competitivo

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Consapevolezza finanziaria: la competenza che nessuna impresa può trascurare nell’attuale rally competitivo


In azienda, i numeri non sono mai neutrali. Possono raccontare una crescita solida o un equilibrio precario, un'impresa che crea valore o una che lo consuma inconsapevolmente. Ma perché quel racconto sia utile a chi guida l'impresa, serve consapevolezza.
La sostenibilità finanziaria non può e non deve essere una materia unicamente a carico dei tecnici. Deve essere parte integrante della cultura di governo dell'impresa. Riguarda la capacità di un'impresa di generare, mantenere e impiegare risorse finanziarie in modo coerente con la sua struttura, i suoi obiettivi e il suo orizzonte temporale.
Non si tratta solo di "sapere se l'impresa sta in piedi" o “il bilancio va bene” ma soprattutto di capire quali sono le condizioni per cui sta in piedi, quanto può resistere a uno shock e se può sostenere le scelte che ha davanti. Per questo la sostenibilità finanziaria va letta non solo ex post, ma anche in ottica prospettica, guardando al futuro.
Questo è ancora più vero nel contesto attuale, segnato da incertezza, forte variabilità dei costi e pressioni esterne difficilmente controllabili. Basti pensare, per citare l’ultimo tema caldo, all'impatto che i dazi doganali, imposti o minacciati a livello internazionale, possono avere sulle filiere, sui prezzi delle materie prime e, di conseguenza, sulle marginalità aziendali. In uno scenario così instabile, disporre di strumenti per leggere, prevedere e simulare le dinamiche finanziarie diventa una priorità strategica.
 


Marginalità e autofinanziamento: le due lenti per leggere la capacità finanziaria aziendale


L'equilibrio economico e quello finanziario sono due prospettive da integrare. Non è possibile avere una visione completa della salute dell'impresa se si guarda solo al conto economico o solo al flusso di cassa in modo disgiunto. Serve un'analisi congiunta che permetta di comprendere le connessioni tra i due. Il rischio altrimenti è quello di pensare che in una stanza ci sia un’azienda che produce utili e nell’altra stanza, quella delle banche, ci sia un’azienda che ha un bisogno costante di liquidità. Non è così le dinamiche sono interconnesse.
Gli indicatori di marginalità, e in particolare il margine operativo lordo (EBITDA) e netto (EBIT), esprimono la capacità dell'impresa di generare valore con la propria gestione caratteristica misurando pertanto l'efficienza del modello operativo. Questi indicatori però non sono sufficienti per comprendere se quel valore reddituale è sufficiente a sostenere gli investimenti o sostenere le passività.
Per questo, a partire dall’analisi del conto economico, occorre arrivare a comprendere la capacità di autofinanziamento, ovvero il flusso di cassa prodotto dalla gestione caratteristica. L'autofinanziamento rappresenta la capacità dell'impresa di sostenere se stessa senza ricorrere a fonti esterne. Valutarlo significa chiedersi se i margini generati sono sufficienti per:
  • coprire gli investimenti futuri,
  • rimborsare debiti pregressi,
  • affrontare situazioni di tensione temporanea.
Il collegamento tra questi due indicatori offre una fotografia molto più utile rispetto a quanto possa fare il solo utile netto in bilancio.

Il DSCR come indicatore di sintesi (da non subire, ma da governare)


Il Debt Service Coverage Ratio (DSCR) è sempre più centrale nel dialogo tra imprese e sistema bancario. Ma il suo valore va ben oltre la compliance normativa e il giusto obbligo di Adeguati Assetti. Il DSCR è un vero indicatore di sostenibilità interna.
Esso esprime la relazione tra la cassa disponibile (o attesa) derivante dalla gestione operativa (compresi gli investimenti) e gli impegni finanziari da onorare (capitale e interessi). In sostanza, risponde a una domanda cruciale:
“L'impresa sarà in grado di onorare i debiti finanziari con la propria gestione?”
È del tutto evidente che la consapevolezza circa questa condizione non è affatto trascurabile e non rappresenta un tema meramente tecnico perché coinvolge inevitabilmente tematiche di natura strategica e di lungo periodo come l’andamento del mercato o le strategie di investimento.
Per chi guida un'impresa, non conoscere il DSCR significa non avere chiaro se le proprie scelte sono compatibili con le risorse disponibili o con quelle prevedibili. In più, nelle PMI, la sostenibilità finanziaria ha spesso riflessi diretti sul patrimonio personale e familiare dell'imprenditore.
Monitorare e simulare l'andamento del DSCR, su base prospettica oltre che storica, significa anticipare situazioni di squilibrio e prevenire criticità nella relazione con i finanziatori.

Misurare oggi per decidere domani: l'importanza del doppio sguardo


Una corretta gestione finanziaria richiede un doppio sguardo: uno rivolto al passato, uno al futuro.
L'analisi consuntiva permette di capire cosa è accaduto: quali gestioni hanno prodotto/assorbito cassa, come si sono generati gli assorbimenti, come si è comportato il capitale circolante netto (clienti-rimanenze-fornitori). Non basta guardare il saldo dei conti correnti: è necessario ricostruire la dinamica di generazione per capirne la struttura.
La pianificazione, invece, è ciò che consente di orientare le decisioni. Costruire un budget di cassa, simulare scenari, stressare i flussi previsti: tutto questo permette di prendere decisioni strategiche non solo sostenibili, ma coerenti con la realtà finanziaria dell'impresa.
Pianificare non vuol dire indovinare il futuro, ma dotarsi di strumenti per leggerlo e affrontarlo con maggiore lucidità.

La finanza non è solo un linguaggio tecnico. È responsabilità imprenditoriale.


Essere consapevoli delle dinamiche finanziarie non significa diventare specialisti di controllo di gestione. Significa saper fare le domande giuste, riconoscere i segnali, anticipare le conseguenze.
Il controllo della sostenibilità finanziaria è un elemento fondamentale per le scelte strategiche aziendali perché aiuta a decidere, a calmierare i rischi, a crescere, a investire.
Per questo occorre un serio impegno formativo oltre che professionale per diffondere questa cultura in azienda.

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